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92/100

Akphaezya :: Anthology Iv: The Tragedy Of Nerak :: 2012

Quattro anni ci separano dal precedente capolavoro dei francesi Akphaezya, “Anthology II - Links From The Dead Trinity”, quattro anni in cui ho consumato quel discone a furia di ascoltarlo ed oggi non mi sembrava vero, la creatura della geniale Nehl Aëlin e soci altrettanto talentuosi è finalmente arrivata.
“Anthology IV: The Tragedy Of Nerak” è il suo nome ed è un degno successore dell’incredibile e maestoso debut-album con cui conobbi nel 2008 i nostri e rappresenta un altro concept diviso in diverse scene.
Certo, la sfida non era facile, per eguagliare o superare in bellezza “Anthology II…” ci sarebbero voluti anni, altro estro creativo, altra fantasia e tanto impegno ma gli Akphaezya non credo temano nulla e nessuno e ci hanno dimostrato per l’ennesima volta che per tagliare e cucire tantissimi generi musicali anche estremamente distanti fra loro occorre una maestria che pochi possiedono e una giusta ed ovvia tendenza a voler far uscire le cose come dio comanda, tant’è che la produzione è stata affidata ad un professionista del settore, Brian Gardner (Queen Of The Stone Age, Lamb Of God, Down) che ha messo le mani sul banco mixer ed ha contribuito a valorizzare un altro folle tassello della discografia della band.
Per far prima i nostri si auto-definiscono “Avant Metal”, consci che l’AvantGarde può blandamente descrivere giusto l’imprinting sonoro cui gli Akphaezya si riferiscono ma è ancora lontano dal chiarire cosa può effettivamente trovarsi all’interno dei loro brani.
Il quartetto crea, semplicemente crea. Atmosfere diversissime anche all’interno dello stesso pezzo che si differenzia da quello precedente in tutto e per tutto pur facendoci riconoscere lo stile della medesima band. Questo discorso è esteso a tutte le stupende canzoni contenute nel platter, canzoni che a mio avviso sono perfette per un discorso teatrale, operistico, concertistico e chi può ne ha più ne metta.
Ho trovato in “Anthology IV: The Tragedy Of Nerak” tutto ciò a cui sono musicalmente affezionato espresso con tecniche e apparizioni folkloristiche improvvise, come un intenso e lungo viaggio intorno al mondo incontrando musica acustica, il jazz, lo swing, la fusion, il metal estremo in molte sue forme (non mancano rabbiosi blast-beat inseriti in contesti assolutamente insoliti ma più che convincenti), rallentamenti al limite del Funeral Doom, eccellenti esperienze di musica orientale incastonate dentro brani tiratissimi (e divertenti), cori, meravigliosi pianoforti da sogno, attimi Gothic estrapolati dal loro contesto e raggiunti da riff e soluzioni musicali provenienti dal Progressive Metal e Rock e molto altro ancora. E della carismatica, espressiva ed incredibile voce della bella e brava Nehl Aëlin ne vogliamo parlare? In mezzo a delle strutture compositive di questa enorme portata fa una grandissima e incantevole figura, soprattutto perché interpreta in un modo eccelso nella teatralità del tutto.
Francamente è uno dei dischi più strani, completi e affascinanti che abbia mai ascoltato in vita ma vi avverto, non è roba per persone chiuse di mente. La provincialità non è certo di casa, qui.
Capolavoro assoluto.
Track by Track
  1. Prologos - 85
  2. Scene I - A Slow Vertigo - 85
  3. Scene II - Sophrosyne - 100
  4. Scene I - Utopia - 100
  5. Scene II - Húbris - 100
  6. Transe H.L. 2 - 100
  7. Scene I - Genesis - 85
  8. Scene II - Dystopia - 85
  9. Scene I - Nemesis - 95
  10. Scene II - The Harsh Verdict - 85
  11. Epilogos - 80
Giudizio Confezione
Giudizio Finale

92